Laboratorio teatrale 2014-2015 – Delitti e uncinetti

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Martedì 21 Aprile 2015, i ragazzi della nostra compagnia teatrale "Benedetti Ragazzi" hanno presentato "Delitti e uncinetti" al Teatro San Matteo di Piacenza.

Tratto da "Arsenico e vecchi merletti" di Joseph Kesselring e diretto da Maurizio Caldini, lo spettacolo rappresenta l'esito del laboratorio teatrale degli allievi del nostro Liceo. Realizzato con il supporto dell'insegnante Giulio Boledi.

Proprio in questi giorni in classe ci siamo imbattuti in un testo poco noto di Luigi Pirandello. Si chiama Dialogo tra il Gran Me e il Piccolo Me. Questo passaggio ha catturato la nostra attenzione:

“Spesso la grandezza mia consiste nel sentirmi infinitamente piccolo: ma piccola anche per me la terra, e oltre i monti, oltre i mari cerco per me qualche cosa che per forza ha da esserci, altrimenti non mi spiegherei quest’ansia arcana che mi tiene, e che mi fa sospirar le stelle...”

C’è un oltre nel mondo. C’è qualcosa che travalica i mari e le montagne, che travalica noi stessi, che ci accende di passione per la vita e che fa di ciascuno di noi un vero prodigio, nessuno escluso. Così anche questi ragazzi che oggi si cimentano sul palcoscenico sono un prodigio, e stupefacente è il percorso che li ha portati sin qui, a formare una compagnia. Tale vuole essere anche la nostra scuola, ovvero un luogo d’incontro, dove insieme poter vivere giorno dopo giorno l’esperienza della crescita. Sul palco gli attori si aiutano, i movimenti degli uni seguono quelli degli altri, sono necessarie coralità, unione, sostegno reciproco e fiducia in chi è al timone. Parimenti la scuola, così come noi la desideriamo, è quel posto dove i nostri alunni, i vostri figli, possano essere accompagnati per una parte del loro percorso, dove incontrino maestri che li educhino, oggi, ad apprezzare la vita, per poter poi fare, domani, scelte determinanti per il proprio bene e quello degli altri.

Con la viva speranza che questo progetto possa proseguire in futuro portando altri allievi alla scoperta di sé attraverso il teatro, auguro a tutti una buona visione.

Prof. Giulio Boledi

Dopo aver riflettuto a lungo sulla scelta del testo, sulla necessità inderogabile di dare un messaggio ai ragazzi, scegliendo un’opera di spessore che potesse fornire spunti di riflessione, alla fine per prendere una decisione è stato determinante concentrarsi su quali siano le attese di un laboratorio di teatro che voglia trasmettere qualcosa, e qualcosa di duraturo. Così, con il lavoro di quest’anno, abbiamo cercato prima di tutto di divertirci e di consolidare un gruppo che già negli anni scorsi aveva affrontato testi complessi e, non solo nell’ultimo anno, altamente drammatici. Un gruppo in grado di rafforzare le competenze dei ragazzi che già ne facevano parte; un gruppo in grado di saper accogliere nuovi attori, nuovi giovani alla prima esperienza, e dare loro sostegno e fiducia.

Quello che ho cercato di spiegare ai ragazzi in questi mesi, di grande e piacevole divertimento, è che abbiamo “alzato l’asticella” un’altra volta. Affrontare una commedia, specie se di grande successo come Arsenico e vecchi merletti di Joseph Kesselring, richiede un grande affiatamento, un ritmo di recitazione importante, a volte frenetico e a volte lentissimo, accettare la risata del pubblico come un premio e anzi cercarla con dedizione, superando altri e nuovi limiti recitativi, non annoiare mai, saper creare attesa e suspense negli spettatori.

In effetti, la suspense e l’attesa non sono elementi molto ricercati nelle commedie brillanti...

Ma la casa delle care sorelle Abby e Marta Brewster, simpatiche e caritatevoli zitelle sulla sessantina inoltrata, esempio di virtù e dedizione al prossimo per tutta la comunità di Brooklyn, nasconde più di una stranezza o un segreto. E anche se la presenza rassicurante del reverendo Harper o di poliziotti dediti alla raccolta di giocattoli per i bambini poveri sembrano rafforzare un’idea di tranquillità e di armonia, già dopo qualche scena l’autore inizia a divertirsi nel trasformare questo racconto in un mondo alla rovescia. Inizia piano piano a inserire piccole stranezze: prima un nipote che si crede Theodore Roosevelt, poi il racconto dell’esistenza di un fratello che si diceva fosse un po’ strambo e infine il padre delle sorelle, un medico che inventava strane medicine e che era “specializzato” in casi di avvelenamento; e poi l’inaspettata visita di un altro nipote, che ha l’abitudine di farsi cambiare la faccia per sfuggire alla polizia, accompagnato da un losco figuro dal marcato accento tedesco. Altri insoliti personaggi costellano il mondo dei Brewster: un aspirante scrittore, un vecchietto scontroso che vorrebbe affittare una camera, un tenente un po’ sopra le righe.

E se all’improvviso scoprissimo che, in casa, da qualche parte, è nascosto un cadavere?

In questo mondo alla rovescia si opera uno scambio tra savi e insani, in seguito al quale i personaggi più assurdi sembrano essere del tutto ordinari e i personaggi sani – il nipote Mortimer e la sua fidanzata Elena – sembrano impazzire; e la realtà diventa così assurda che quando le sorelle dicono la verità non vengono credute. Kesselring, con il suo black humour, ci accompagna così in una danza macabra che pare esorcizzare la morte nel momento stesso in cui la rende “irreale”. L’incredulità di Mortimer diventa l’incredulità del pubblico che, disarmato di fronte alla limpidezza e alla buonafede delle vecchiette, si lascia condurre tra una risata, un colpo di scena, uno scambio di ruoli e un equivoco, fino alla fine della commedia, che termina con l’ennesimo coup de théâtre.

A volte al teatro è richiesto questo: divertire, distrarre, dissacrare. E sempre gli è imposto prendere per mano il pubblico e portarlo fuori dal tempo e dal luogo, in una dimensione diversa in cui le regole sono fatte per essere disattese, in cui il disorientamento è il successo, in cui il distacco dalla realtà e la leggerezza diventano necessarie, per ritornare poi alla vita di tutti i giorni, quando le luci in sala si accendono, con il sorriso sulle labbra e magari con una risata di quelle a orologeria, che arrivano più tardi, nei racconti del tempo a seguire.

Come nel testo, in cui la guerra è una flebile eco attutita dalla distanza, auguro a tutti che questo spettacolo rappresenti più un sorriso: che sia un tempo per uscire dalle preoccupazioni e dalla frenesia del quotidiano, per abbandonarsi alla risata e al piacere del divertirsi insieme.

E che sia soddisfazione per i nostri “benedetti ragazzi”, ancora una volta.

Maurizio Caldini