Lunedì 8 Maggio 2017, i ragazzi della nostra compagnia teatrale "Benedetti Ragazzi" hanno presentato "Cyrano" al Teatro San Matteo di Piacenza.
Tratto da “Cyrano de Bergerac" di Edmond Rostand e diretto da Maurizio Caldini, lo spettacolo rappresenta l'esito dell'area progetto e del laboratorio teatrale degli allievi del nostro Liceo.
In questo tempo distratto, dove l’amore è irriso, ironizzato e violentato dalla logica del possesso, vedere i nostri ragazzi, i Vostri figli rincorrere l’amore infinito ed eterno è un privilegio.
L’amore è assenza, lontananza, mancanza e povertà, non quel fantasma narcisistico e autogenerativo che oggi ci viene proposto come idolo vuoto e senza senso. L’amore che vedremo messo in scena dai “benedetti ragazzi” è la prova di come il nostro liceo sia capace di pizzicare le corde educative dei propri studenti.
L’amore raccontato dal poeta Rostand è un amore delicato, sussurrato e senza tempo; un amore che ci ricorda la nostra provenienza, la nostra cultura, la bellezza nella quale siamo iscritti, dove nulla è per caso, ma figlio della relazione con l’altro che ci plasma con le sue parole.
Ed è proprio su questi valori che il liceo San Benedetto fonda la propria missione educativa e la propria proposta didattica, confermate una volta di più dai nostri meravigliosi studenti.
Il Preside - Fabrizio Bertamoni
Opera numero sei.
Nella rappresentazione di quest’anno cerchiamo di eseguire un esperimento di magia: di fronte ai vostri occhi, senza trucco e senza inganno, tenteremo di far sparire un naso. Sì perché forse il naso non è un elemento ingombrante solo nella vita del nostro protagonista, Cyrano de Bergerac, ma anche in noi spettatori che lo ricordiamo principalmente per questo particolare carattere del suo aspetto fisico.
Questo naso è stato ingombrante anche per me, fin dalla scelta dell’opera. Utile, ma ingombrante. Utile perché in questo testo, dove il bello e il brutto sono elementi imprescindibili della collocazione dei personaggi rispetto all’amore, serviva un elemento estetico evidente per marcare questa differenza, il concetto di bellezza sarebbe altrimenti troppo soggettivo. Invece, con un bel nasone viene tolto ogni spazio all’incertezza. Cyrano è brutto, Cristiano è bello, Rossana è bellissima. Punto. Quindi il naso è necessario, però diventa scomodo se ci fermiamo a quell’esteriorità, all’apparenza.
Quale testo può essere più adatto per i ragazzi del nostro tempo, un testo in cui si parla di bellezza, di accettazione di se stessi, di non “sentirsi abbastanza” per la persona di cui siamo innamorati?
Con il passare delle settimane, e provando con i nostri attori, mi sono reso conto che quel naso può limitare, come anche la messa in scena originale di questo spettacolo, pensata come una roboante opera lirica della fine dell’ottocento (il periodo in cui l’opera è stata scritta da Edmond Rostand): scenografie fastose, tanti attori e un gran numero di comparse, duelli con le spade e con la lingua, la ricostruzione di un teatro su un palcoscenico, il fronte di una battaglia…
Ho iniziato a non vedere più il naso quando mi sono accorto che Cyrano ha una corazza, ben più visibile e molto spessa, che lo distingue e lo allontana dalla massa: la sua spada, certo, la sua voglia di essere perennemente in sfida contro qualcuno, meglio se potente. La sua parola, ancora più tagliente. Il suo coraggio, che diventa incoscienza con eccessiva facilità. La sua assoluta mancanza di paura, soprattutto nei confronti della morte. Questa è una facciata assai più ingombrante del suo naso, e serve per proteggere un cuore delicato, il desiderio di essere amato, quella sua fragilità originata dalla consapevolezza di essere brutto, di non poter piacere a Rossana, di non poter “essere abbastanza”.
Se Cyrano sapesse accettare questa insicurezza assolutamente umana potrebbe sentirsi meno solo: Cristiano sa di essere bello, ma è altrettanto insicuro di fronte alla bellezza, perché gli mancano le parole. Prende in prestito quelle di Cyrano. Anzi, in realtà gli sono offerte e lui accetta, incapace di prevedere una deriva cui sarà arduo porre rimedio. E Cyrano presta volentieri le parole: vengono dal proprio cuore, che ne è colmo e produce un’onda di piena che travolge quello di Rossana irrimediabilmente.
Come biasimare la scelta di far giungere i propri versi d’amore all’amata ad ogni costo, rinunciando al barlume di speranza che Rossana possa amarlo, cercando di vedere oltre il naso e la corazza. “Cyrano” è un testo in cui tutti noi abbiamo dovuto confrontarci con noi stessi, con il nostro personale concetto di bellezza, e di amore. È un’opera che ci consente di riflettere, di affrontare il nostro profondo e cercare di comprendere i momenti passati, presenti o futuri in cui l’amore ci annichilisce, ci induce a sentirci piccoli, inadatti, inadeguati non solo ad essere amati ma anche soltanto ad essere accettati. È davvero una convenzione a stabilire il mio valore, un canone destinato tra l’altro a mutare nel tempo? È davvero il comune senso estetico a decretare l’accettazione di me stesso e, di conseguenza, la mia felicità?
Ormai non possiamo più essere sorpresi dall’attualità di opere immortali del teatro, il percorso di questi anni non può trovarci increduli di fronte all’evidenza che quest’opera scritta oltre cento anni fa parli di noi, di ognuno di noi, ad ogni età.
La scelta di proporvi quattro Cyrano differenti, interpretati da attori con età, caratteristiche e sensibilità diverse, credo rafforzi proprio questo suo essere personaggio trasversale, sia attraverso le epoche in cui è stato rappresentato, sia nelle diverse età della vita di chi lo ha portato in scena e nel cuore.
Questo cerchiamo di proporvi con questa rappresentazione: un viaggio oltre l’amore per come dovrebbe essere, sia esso rivolto alla persona amata o alla poesia d’amore, alla bellezza comunemente accettata, alla menzogna che in fondo in questo caso è un effetto della paura del giudizio dell’altro, del nostro senso di inadeguatezza.
Vi proponiamo una magia, quella di far sparire l’apparenza, e una sfida, quella di cercare insieme a noi l’essenza del nostro essere.
Del nostro essere unici e speciali.
Maurizio Caldini